mercoledì 23 marzo 2011

"UNA SOLUZIONE CIVILE", di Stefano Benni

Da "La grammatica di Dio"


La grande piazza si sta riempiendo, e dietro le finestre chiuse il Duce dei moderati ascolta quel rumore di passi speranzosi e aneli, immagina le migliaia di sguardi che si raccolgono nel mosaico di un volto, l’unico personaggio della Storia che non invecchia mai, la folla. Quella moltitudine è il suo sangue e il suo vampiro. Un rumore di mare lontano che attende la salvifica nave, l’apparire della prua che fenderà i flutti dell’incerto futuro.
    Ma nel buio della vasta sala, mentre si guarda allo specchio e abbottona con gesti lenti la giacca nera e oro, il Duce non è felice.
    Ogni ruga del suo volto è una battaglia, una vittoria o una sconfitta, un inno di esultanza, un muto ritirarsi. E anche se ora è trionfante, sa bene che la bilancia del destino oscilla al minimo fiato della Storia, non serve mettere sul piatto oro, discorsi e spade, prima o poi la piuma di un evento imponderabile potrà rovesciare le sorti, farla pendere contro di lui, rimandarlo nel mondo oscuro dei vinti, dei dimenticati.
    Eppure molti sudditi fidati sono nella stanza, pronti a combattere al suo fianco, e anche se vi fosse un traditore non lo spaventerebbe. Chi conosce il potere sa che né una sola persona, né un milione di fucili decide gli eventi. Neanche quella folla radunata là fuori, pronta in un attimo a cambiare d’umore e di passioni. Qualcosa d’altro muove i destini. Qualcosa a cui potrai dare un nome soltanto secoli dopo, nell’apparente quiete della Storia, ma neanche allora riuscirai a spiegarlo, e non ti insegnerà nulla. Un virus, una parola fatale, una pallottola, una battaglia, uno sguardo di donna, o un orribile massacro, un mostro inatteso e oscuro che ribalterà tiranni e democrazie con lo stesso indifferente sorriso. Si troverà mai una difesa, una cura?
    Davanti a lui sta il generale Maganza, il freddo, abile Maganza. Lui sembra non dubitare mai. O se dubita non lo fa vedere, ha sempre una pistola nascosta, non fidatevi delle sue mani nude. Come ora, mentre trae dalla borsa un pacco di documenti, e li posa sul tavolo, davanti allo sguardo sospeso dei presenti.
    - Abbiamo la soluzione – dice con calma.
    Fuori il brusio della folla si acquieta, come se anche loro volessero ascoltare. Qualcuno accende il grande lampadario, e sono ora visibili, seduti o in piedi, i più alti esponenti del paese.
    Sono pronti ad ascoltare il generale Maganza, ministro degli Interni, numero due del governo. Il suo soprannome è Turbo Maganza, per come spazza via ogni disordine. Il viso è severo, ha solo un lieve tic che gli scuote la mandibola, ricordo di una bomba esplosa troppo vicino.
    - Come prevedevamo, i sondaggi per le prossime elezioni (alludo ai sondaggi veri) non ci sono favorevoli. Non ci è servito né il piano di informazione subliminale, né il falso attentato alla Nazionale di calcio. Ormai da anni, nel nostro paese la Storia si ripete. Vince uno schieramento, poi la gente ne è delusa, a volte senza una vero motivo, senza saper spiegare cosa si aspettava. Per noia, per irrimediabile istinto alla sfiducia, per abitudine al lamento e al guaito. Così il pigro elettore premia un nuovo schieramento che poi disprezzerà e punirà dopo pochi anni. Nuovamente riappariranno gli stereotipi, i luoghi comuni, le barzellette e le conversazioni da treno, e risorgeranno le caduche indignazioni cavalcando le quali l’opposizione, seppur di poco, prevarrà. Ben sapendo che presto anche lei dovrà scendere dalla giostra, e di nuovo tutto ruoterà, in un colorato nulla di chiacchiere e nell’onanismo di nuovi sondaggi.
    Inutilmente cerchiamo di sedurre gli elettori, i telespettatori, i sostenitori, i consumatori, tutti i nomi, insomma, con cui abbiamo cancellato il vecchio, ridicolo termine di “cittadini”.
    Li abbiamo abituati alla corruzione, all’ingiustizia, alla mediocrità, ma si sono vendicati: si sono abituati anche al disprezzo. E qualsiasi nuovo tribuno può aizzare e moltiplicare la loro malevolenza.
    Si, noi politici siamo disprezzati, e siamo stanchi di esserlo. Lei, Duce dei moderati, ha già proposto diverse volte di non votare più. Ma i politologi le hanno spiegato perché ciò sarebbe deleterio. In primo luogo il clima elettorale sfoga e spurga odio e veleni, restituisce una parvenza di senso ai nostri discorsi e, almeno per poche settimane, la politica torna sopportabile alla gente. In secondo luogo il mondo ha bisogno della maschera dell’urna, come di un elmo ligneo. Ogi stato estero sottolineerebbe la sua presunta superiorità democratica. Ci riproverebbero e condannerebbero anche paesi le cui elezioni sono una ignobile farsa. In terzo e ultimo luogo, senza voto anche il nostro schieramento crollerebbe: non può fare a meno di questo conato, di questa sordida palingenesi, della necessaria sfida fratricida fatta di vendette tra correnti, siluramenti e ricatti.
    Non si possono quindi eliminare le odiose, prevedibili, decrepite elezioni. Ma si può fare qualcosa per dare loro nuova vita? Ebbene si! Non rassegniamoci. Possiamo trasformarle. Possiamo far si che la gente ci ami ancora!
    Mi accorgo di aver suscitato il vostro interesse. Bene, dallo studio dei nostri esperti, condensato in queste pagine, è risultato che esiste una soluzione, una sola che potrebbe salvarci, e restituire alla politica il ruolo di arbitro necessario e stimato.
    E’ qualcosa che il nostro paese ha già conosciuto: una guerra civile.
    Vedo qualcuno sorridere, qualcuno stralunare gli occhi, qualcuno guardarmi imbarazzato. Ma non temete. Quella bomba mi scoppiò vicino alla testa, ma non dentro. Mi spiegherò meglio. Quello che ci serve non è una guerra civile nata dal caos degli eventi, dallo scontro smodato di bisogni e ideologie, dal disordine e dall’anarchia. Parlo di una guerra civile civilmente organizzata, pianificata, controllata, e soprattutto sceneggiata con i migliori mezzi della tecnologia e dell’informazione. Una guerra civile potrei dire ‘ di centro ’, se questa parola non vi ricorda troppo la balistica.
    Leggete i rapporti degli esperti e vi renderete conto perché questa idea, a prima vista insensata, sia in realtà razionale e desiderabile non solo per noi ma anche per l’opposizione, che ha infatti accettato di collaborare alla stesura del progetto.
    Vi spiego ora, signori, come avviare e gestire questa operazione.
    Si inizierà con l’assassino di un importante rappresentante del governo da parte di un gruppo terrorista. Questo gruppo terrorista, naturalmente da noi controllato, sarà formato da persone ampiamente rappresentative di ciò che viene attualmente odiato dai moderati di questo paese. Uno straniero mediorientale, un anarchico, una donna ciarliera e radicale, un omosessuale non stilista e uno a scelta tra un ecologista filo-zanzare, un lavavetri e un ex partigiano. Stiamo lavorando per un cocktail odiosamente perfetto.
    L’attentato sarà ripreso dalle televisioni e mostrato a reti unificate per ore e giorni. I dibattiti partiranno appena dieci minuti dopo la notizia. Il gruppo terrorista, sulla cui verità o virtualità non mi dilungo, verrà eliminato in un conflitto a fuoco. Ne diffonderemo le foto, la storia, l’infame progetto. Subito ci ranno le reazioni dall’una e dall’altra parte. Prevediamo il rapido insorgere di un clima rovente, cui aggiungeremo subito un bel po’ di fuoco.



    Infatti la mattina dopo accadranno una serie di eventi preparati con cura:
1.      L’arresto di venticinque esponenti dell’opposizione con l’accusa di essere complici nell’attentato, e la morte di uno di essi in carcere.
2.      L’irruzione nelle maggiori Università e licei, e forse scuole elementari, da parte dei corpi speciali comandati dal generale Momotti, uomo particolarmente odiato e dal passato repellente. Durante questo raid verranno uccisi dai venti ai duecento studenti.
3.      L’esplosione di una o più bombe nella metropolitana.
4.      Top secret, per ora.

    In questo clima di reciproche accuse, verranno indette da governo e opposizione grandi manifestazioni in ogni grande città, con un cordone di sicurezza di poliziotti che non reggerà. Contiamo su una serie di fruttiferi incidenti. Una ventina di agenti, scelti tra i più inefficienti, verranno uccisi. Non possiamo prevedere quanto saranno le vittime degli scontri, ma sappiamo che a quel punto la guerra civile potrà dirsi felicemente iniziata.
    Entrerà in azione l’esercito con blindati, ma attenzione, guai a dare l’idea di un colpo di stato, o di uno strapotere militare. Il nostro esercito verrà subito attaccato da finti e veri ribelli, che riporteranno vistosi successi iniziali, impadronendosi di armi e mezzi.
    A questo punto, numerosi cecchini bipartisan, appostati in città e paesi, cominceranno a sparare alla cieca. L’opposizione si impegna fin da adesso a garantire un clima di garbata rivolta.
    A questo punto, dovremo solo gestire mediaticamente ogni istante di questo, chiamiamolo così, reality show. Abbiamo già contatti con alcuni giornali e televisioni che si sono detti pronti a questo immane sforzo di documentazione. Un apposito centro di controllo bipartisan veglierà giorno e notte sull’andamento del conflitto. Attenzione! Esso non deve mai sfuggirci di mano, non può tramutarsi in una scaramuccia farsesca, né nel massacro rapido e indifferenziato degli oppositori, né in una loro possibile vittoria.
    E sempre, in ogni momento, da noi verranno appelli alla riappacificazione, alla tregua, alla mediazione. Nessuno di noi dovrà essere troppo implicato. Parlare, dibattere, ma lasciar sparare gli altri. Non lasciamoci prendere dall’entusiasmo.
    Calcoliamo che tutto questo debba durare tre mesi, con il prezzo di un milione di morti.
    Un prezzo necessario, se vogliamo convincere la gente della serietà e della veridicità dei fatti. Dopodichè fermeremo tutto e andremo sì a nuove elezioni, ma in un clima diverso, in cui sia noi sia l’opposizione sembreremo difensori della pace, della democrazia e di una ristabilita, preziosa normalità.
    Vedo nei vostri occhi qualche ombra di dubbio. E’ naturale. Le nuove idee, le riforme hanno bisogno di tempo per essere accettate. Forse qualcuno di voi teme per la fragile economia del paese. Ma non temete, c’è chi vi convincerà…
    Si alzò il ministro dell’Economia Monsonbello, giovane e brillante manager, detto Lord Brummel per la sua eleganza o anche il Conte Bianco per l’esuberante propensione verso cocaina e derivati. Vestiva un gessato sartoriale e aveva come tic un lieve risucchiar di naso.
    - Signori, i maggiori imprenditori del paese hanno valutato la soluzione proposta e si sono trovati consenzienti. I benefici di questa guerra civile non sono evidenti a prima vista, ma sono molti e sicuri. Anzitutto il mercato delle armi, che tutti correranno a incrementare. La maggior fabbrica del paese è pronta a immettere sul mercato seicentomila auto corazzate e mezzi blindati per chiunque possa permetterseli. Abbiamo un accordo con americani e cinesi perché non invadano il mercato, il settanta per cento delle armi usate saranno di produzione nazionale. Sto personalmente seguendo la preparazione di un kit di armi da fuoco in varie versioni, da quello da barricata urbana a quello condominiale, a quello per uso famiglia. Ci saranno offerte e rateizzazioni.
    Durante la guerra civile sarà necessaria una politica dei prezzi adeguata, in previsione di grandi accaparramenti di cibo e generi di sopravvivenza, che spingeranno in alto la spirale dei consumi. Contiamo su un boom dei surgelati, dei medicinali, dei film a noleggio, della vendita dei giornali e soprattutto degli ascolti televisivi. Prevediamo anche un forte aumento del gettito pubblicitario, perché la pubblicità non sprecherà certo questa occasione. Parole come ‘ guerra ‘, ‘ pericolo ‘, ‘ rischio ‘ permetteranno spot nuovi ed eccitanti per profumi, merendine e abiti.
    Gli stilisti sono pronti a creare nuove collezioni eleganti e allo steso tempo adatte ai combattimenti urbani e in campo aperto. La moda autunno-inverno sarà mimetica, ginnica, virilmente femminile.
    Il turismo non verrà danneggiato. Sarà nostra cura tenere lontana la guerra dai percorsi privilegiati delle città d’arte e delle località di villeggiatura. Verranno creati sicuri belvedere, piazzole, alberghi blindati da cui assistere agli scontri. Sarà chiaro a tutti che è possibile visitare il nostro paese non soltanto per goderne le bellezze artistiche e paesaggistiche, ma anche per vivere un evento storico di forte impatto emozionale.
    Per finire, imprenditori nostrani e di altri paesi sono pronti a investire forti capitali nella ricostruzione. A tal proposito auspichiamo una serie di bombardamenti non devastanti, ma di buon impatto ambientale. Non vorrei sembrare tecnicistico, ma direi che questa guerra civile mi sembra un ottimo long-range investment. Ovviamente, bisognerà che la gente la tema e la apprezzi ogni giorno. Passo perciò la parola al ministro dell’Informazione e della Propaganda.
    Scodinzolando leggermente, coma animato da una sigla musicale, si alzò il ministro della Propaganda, Carroga. Ingentiliva la divisa nera con una cravatta di perline rosa, e aveva come tic un battere d’occhi a ritmo di telecomando. Parlò con grandi, enfatici gesti.
    - Sapremo gestire questo spettacolo unico con tecniche moderne. Il tempo del bianco e nero lamentoso, dei deprimenti documentari sui lager e del neorealismo pezzente è finito. Migliaia di telecamere saranno disposte in punti strategici per riprendere battaglie ed eventi in parte spontanei, in parte diretti e sceneggiati. Abbiamo già in lavorazione due grandi serial, Il capitano Raoul e Rick il ribelle, cinquanta puntate cadauno. Li faremo interagire con la realtà garantendo per quanto possibile l’incolumità degli attori.
    Ogni sera su tutte le televisioni ci saranno dibatti e speciali, grandi comici hanno già accettato di intervenire per alleggerire l’atmosfera qualora divenisse troppo pesante. C’è anche l’idea di montare schermi giganti in città e in zone ove la guerra proceda stentatamente.
    Provvederemo inoltre a diffondere, mediante altoparlanti, un’adeguata colonna sonora nei luoghi di combattimento, e vi assicuro che i concerti per le truppe saranno a livello di quelli americani. Siamo già in contatto con Mtv per un Peace for Italy in diciotto paesi.
    Per finire, la domanda che vi sta a cuore, e che leggo nei vostri occhi inquieti. Ebbene, non sarà necessario sospendere il campionato di calcio! Le partite avranno regolarmente luogo, e in esse potrà avere libero sfogo l’esplosiva, elettrizzante miscela tra tifo e ideologia. La maggior parte dello spettacolo avverrà fuori dagli stadi e sugli spalti, ma potrebbe anche contagiare il campo da gioco. Non ci auguriamo scene da Colosseo, ma se anche accadesse che una dozzina di giocatori e arbitri siano assassinati in campo, questo non farà che rendere unico lo spettacolo. Credo che il format Civil War verrà venduto almeno a cento televisioni in tutto il mondo. E gli sponsor stanno già fremendo, dai carri armati alle fabbriche di protesi, alle acque minerali. Ma vedo qualche volto un po’ preoccupato E se la situazione degenerasse? Non temete tutto è sceneggiato nei minimi termini, non ci saranno imprevisti. Passo la parola al rappresentante dell’opposizione.
    Il leader dell’opposizione Velluto si alzò lentamente e si asciugò la fronte con un fazzoletto, per mostrare quanto soffriva quel momento. Un tic gli sporgeva il collo in varie direzioni, e la voce era fioca quando iniziò a parlare.
    - Anche voi vi rendete conto, onorevoli colleghi, della responsabilità che ci prendiamo aderendo a questo progetto. La nostra etica ci ha sempre spinto verso obiettivi di pace, legalità e concordia civile. Ma anche noi siamo stanchi di questa ingovernabilità a lungo termine, dell’alternanza dei risultati, del continuo sabotaggio interno da parte delle nostre fronde radicali, della immeritata sfiducia nella nostra diversità. Collaboreremo lealmente, sia rendendo edotti degli eventi i nostri militanti più fedeli, sia lasciando, in un’ottica democratica, che i nostri militanti più facinorosi e massimalisti partecipino liberamente alla guerra. Del resto, per noi è giunta l’ora di liberarci dei fantasmi del passato: allora vincemmo, ma non si può sempre prevalere. Ma attenti a voi, colleghi del governo! Nessuno approfitti della situazione. Si combatta per il bene del paese e non per fini personali o di partito. Se tenterete di interrompere la guerra civile in un momento a voi propagandisticamente favorevole, o se cercherete di usarla per eliminarci, ebbene sapremo reagire in parlamento e in piazza. Vi smaschereremo. Se non sarà una guerra civile regolare, siamo pronti alla guerra civile. Ma capisco che non è questo il momento di sottolineare dubbi e differenze. Cedo quindi la parola al cardinale De Ior, che saprà sicuramente pronunciare parole unificanti e di pace.
    Il cardinale De Ior, detto la Borsa di Dio per la sua abilità nell’amministrare il patrimonio ecclesiastico, sembrò destarsi di colpo dal sonno, o da una concentrata preghiera. Non si alzò, parlò seduto col suo caratteristico tic, cioè con le mani giunte e inestricabili, chi diceva per l’artrosi, chi per le stigmate, oppure, come sostenevano i maligni, per non perdere neanche uno spicciolo. Sussurrò, con voce carezzevole:
    - La Chiesa ha lungamente meditato, prima di prendere questa decisione. Siamo infatti contro ogni tipo di guerra. Il Santo Padre non ha dormito e mangiato per ventiquattr’ore, tanto grande è stato il suo tormento. Ma il violento clima di intimidazione contro i nostri cardinali, il dilagare del relativismo etico, la mancanza di ideali nella gioventù, la crescente invadenza omosessuale, l’accusa indiscriminata di pedofilia, il dilagare della teologia della liberazione e dei preti disobbedienti, e altre cose che potete trovare nel mio libro che uscirà il mese prossimo, tutto questo, insomma, ci ha convinto. Una catarsi è necessaria. Come la Bibbia insegna, non c’è fede senza guerra, non c’è arca senza diluvio, non c’è Abele senza Caino. Ma noi avremo un ruolo nostro, particolare e insostituibile. Parteciperemo inviando la gente alla preghiera e non appoggeremo nessuna delle due parti, anche se potremo a volte sottolineare come alcune idee peccaminose e relativiste possano facilmente portare a morte violenza e prematura. Contiamo che questo periodo di caducità della vita riporti la gente ad apprezzare i valori ultraterreni. Non ci auguriamo le fucilazioni, ma un nostro cappellano sarà sempre presente. Il Santo Padre è pronto a visitare ospedali e trincee, previa selezione dei benedicendi.
    Come ultima cosa, vi prego di non esagerare con i morti. La cifra di un milione ci spaventa. Saremmo lieti se potesse scendere a settecentomila. Amen.
    Si levò un timido applauso, subito spento con lo sguardo dal generale Maganza. Si aspettava, ovviamente, la reazione del Duce. E dopo un breve istante il suo leggendario sorriso illuminò la sala.
    - Signori,  - disse il Duce – vi ringrazio. Abbiamo trovato qualcosa che farà veramente il bene della nazione.
    L’applauso fu scrosciante, intenso affettuoso. Tutti si davano pacche sulle spalle. Anche il rappresentante dell’opposizione, pur schermendosi, partecipava all’allegria generale. Monsonbello offri un tiro a Sua Eminenza, che rifiutò garbatamente.
    - E ora – disse il generale Maganza – la seduta e sciolta, andate. Dobbiamo mettere a punto gli ultimi particolari. Il Duce tra poco si affaccerà al balcone. Bisognerà che niente sembri anormale, fino all’inizio delle operazioni.
      Tutti lasciarono la sala con eccitanti commenti.
    - Una grande idea, complimenti al suo staff – disse il Duce, mentre si faceva truccare e pettinare. – Ma adesso che siamo soli, caro ministro, ho alcune domande da farle.
    - A sua disposizione – disse Maganza, con un accenno di sbatter di tacchi.
    - Questo leader del governo che verrà ucciso dai falsi terroristi bisognerà sceglierlo bene. Mica uno qualsiasi. E presumo che costui non sia informato del necessario sacrificio.
    - Proprio così – disse Maganza.
    - Sta pensando anche lei al nome che penso io? – disse il Duce con un sorriso maligno. C’era nello schieramento uno che gli stava proprio sul gozzo.
    - E’ meglio non far circolare nessuna voce, - gli sussurrò in un orecchio Maganza – potrebbe insospettirsi.
    - Già, già – disse il Duce, dandosi un’ultima occhiata allo specchio.


La folla rumoreggiava, inquieta.
    Insieme, i due si avvicinarono alla finestra. Il Duce si fermò pensieroso.
    - Un’ultima domanda – disse. – Quando pensiamo di dare inizio all’operazione?
    - Subito – disse il generale, spalancando la finestra.
    - Subito? – disse il Duce.
    Ma non ebbe il tempo di riflettere né di mostrare sorpresa. Il proiettile partito dalla piazza lo centrò in fronte. Crollò all’indietro.
    L’ultima cosa che udì fu il boato della folla, e la voce di Ma ganza che gridava: - Hanno sparato al Duce!
    L’ultima cosa che vide fu una selva di piedi che lo circondavano e, sopra di lui, una telecamera che lo riprendeva.
    L’ultima cosa che pensò fu: la politica è proprio una roba sporca.

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