sabato 30 aprile 2011

Bohemian Rhapsody

Gheddafi, con Italia e' guerra aperta

ANSA Tra noi e l'Italia ora ''e' guerra aperta'': l'Italia ''ha ucciso i nostri figli nel 1911, all'epoca della colonizzazione, e ora lo fa di nuovo nel 2011''.

E' uno dei passaggi del discorso di stamani del leader libico Muammar Gheddafi alla tv di Stato nel quale ha denunciato la decisione del governo Berlusconi di dare il via libera ai raid italiani sulla Libia.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2011/04/30/visualizza_new.html_895819872.html
LaCrudaRealta' e' che l'Italia, in politica estera, non poteva fare peggio, ancora una volta...

Referendum sulla Democrazia

sabato 23 aprile 2011

Quarto Conto Energia: è braccio di ferro tra le regioni



Siamo al braccio di ferro politico.
Purtroppo. 

Ed a farne le spese, sono i lavoratori del fotovoltaico
Da un lato, PiemonteLombardiaLazio e Sicilia pronte a firmare la bozza del decreto del Quarto Conto Energia.
Ovviamente, aggiungo io.

E, dall'altro, ToscanaEmilia Romagna ed Umbria decisamente contrarie. 
A tal punto da far slittare al 28 aprile l'approvazione da parte della Conferenza Unificata
Diplomaticamente assente il Veneto
Insomma, il muro contro muro che da anni soffoca la vita politica italiana, condiziona pesantemente anche il futuro del fotovoltaico italiano.

da paroleverdi.blogosfere.it 
di Mario Delfino

Il commento a caldo:
"La comunità politica migliore è formata da cittadini della classe media." Aristotele, (384-322 a.C.), filosofo greco.

Siria, promesse e repressione


E' giunta da pochi giorni la tanto attesa notizia dell'abolizione dello stato di emergenza in Siria in vigore senza interruzione da quasi 50 anni. L'eliminazione della legge d'emergenza appare a prima vista una vittoria significativa del movimento riformista siriano, che si è destato il 18 marzo scorso travolto, o forse sarebbe meglio dire ispirato, dal contestuale risveglio della società civile negli altri paesi arabi.
Lo stato di emergenza venne promulgato nel 1963, dopo che il partito Ba'ath salì al potere l'8 marzo dello stesso anno, ed è la legge che ha sottratto i cittadini siriani alla protezione costituzionale limitandone le libertà civili e individuali. Grazie a questa legge il regime siriano ha potuto estendere il suo rigido controllo sulla popolazione attraverso l'indiscriminato arresto dei cittadini sospettati di mettere a repentaglio la sicurezza dello stato.
A diffondere la notizia è stata l'agenzia stampa governativa Sana che annunciava la fine dello stato di emergenza, l'abolizione della Corte Suprema di Sicurezza dello Stato, organo responsabile dei processi ai prigionieri politici, e una nuova regolamentazione che prevede il diritto di protestare pacificamente, previa autorizzazione del Ministero degli Interni.
Lo stesso giorno però, sempre sull'agenzia Sana, appare il messaggio del Ministro degli Interni che fa appello ai cittadini siriani affinchè ''contribuiscano alla realizzazione della stabilità e sicurezza (del paese)'' e si ''astengano da qualsiasi manifestazione, marcia, o sit-in di qualsiasi tipo''. Una sorta di appello che suona più come una minaccia per chi avesse intenzione di continuare le proteste pubbliche.
Tra le altre proposte di legge discusse si parla anche di alcune riforme economiche per la creazione di 10.000 nuovi posti di lavoro in posti pubblici e per favorire l'impiego giovanile e contrastare in questo modo la crescente crisi economica. Il Presidente Bashar al-Asad assicura infine che nelle intenzioni del governo c'è in programma anche una nuova legge di riforma che regoli l’attività dei partiti politici e dei mezzi d’informazione.
Intanto questo primo importante decreto per l'abrogazione della legge di emergenza, dopo essere stato approvato dal Consiglio dei Ministri, per entrare pienamente in vigore deve aspettare l'approvazione del Parlamento che con tutta probabilità non si riunirà prima d’inizio maggio. Ma aldilà dei tempi tecnici, questo importante e simbolico atto di riforma politica rimane offuscato da meno ecclatanti ma ugualmente preoccupanti segnali contraddittori.
A cominciare dalle definizioni che le autorità governative stanno usando per descrivere le manifestazioni di protesta e di malcontento di un numero crescente di cittadini. Inizialmente indicati come ''atti di sabotaggio'', lunedì scorso il Ministro degli Interni non ha esitato ad attribuire i disordini che stanno agitando la Siria a ''un'insurrezione armata di gruppi armati appartenti a organizzazioni salafite (gruppi islamisti radicali ndr), specialmente nelle città di Homs e Baniyas''. Il linguaggio politico usato dal regime non lascia presagire una sostanziale inversione di rotta, ma al contrario legittima la repressione.
Passando dalle parole ai fatti, ben più allarmante è stata la reazione delle forze di sicurezza durante le manifestazioni a Homs, città industriale a nord di Damasco, dove solo poche ore dopo la notizia dell'eliminazione dello stato di emergenza, le forze di polizia non hanno esitato a sparare sulla folla, provocando un numero ancora non accertato di morti. Non solo uccisioni ma anche nuove ondate di arresti. Lunedì sera, sempre dalla città di Homs, arriva la notizia della cattura del militante di opposizione, Mahmud Issa, prelevato dalla propria abitazione dalle forze di sicurezza siriane dopo un'intervista con l'emittente televisiva al-Jazeera.
Non è la prima volta che le autorità siriane incarcerano Mahmud Issa, conosciuto per il suo impegno a favore della democrazia. L'ultima volta nel 2006, quando scontò una pena di tre anni di reclusione, reo di aver firmato la Dichiarazione di Beirut-Damasco con la quale 300 attivisti e intellettuali chiedevano la normalizzazione delle relazioni tra i due paesi dopo l'assassinio di Rafiq Hariri a Beirut del 2005.
Nemmeno dopo l'approvazione della fine della legge d'emergenza sono stati bloccati gli arresti arbitrari, che stanno proseguendo anche in questi giorni. Attivisti on line denunciano l'arresto e le percosse ai danni di decine di manifestanti, soprattutto giovani e studenti, durante le agitazioni degli ultimi giorni che si stanno verificando in diverse città della Siria. Le stime arrivano a calcolare almeno un centinaio di arresti.
Manifestazioni studentesche sono state organizzate ieri presso le Università di Aleppo, Damasco, al-Hasakah e Daraa, manifestazioni che sono continuate anche oggi. Secondo al-Jazeera solo ad Aleppo sono almeno 37 gli studenti arrestati. Altre città, piccole e grandi, in cui si sono registrate manifestazioni sono Homs a nord di Damasco, Baniyas, Lattakia e Saraqib a nord-est del paese, e al-Kiswah, a sud.
    
Sembra difficile a questo punto che la popolazione faccia marcia indietro, dimenticando i morti e gli arresti che il governo sordo alle richieste di maggiori libertà civili ha provocato. Dalle iniziali, timide invocazioni ''il popolo siriano non deve essere umiliato'', le rivendicazioni politiche per la libertà si sono fatte via via più precise, chiedendo la liberazione dei prigionieri, la fine delle leggi d'emergenza e l'attuazione di riforme democratiche, si è arrivati ora a richiedere a voce chiara e ferma la caduta del governo, rivendicazione impensabile solo fino a qualche settimana fa.
La maggior parte dei commentatori concorda nel dire che l'abrogazione dello stato d'emergenza, oltre ad arrivare con troppo ritardo nel tentativo di sedare le rivolte, non sarà sufficiente a migliorare le condizioni dei diritti civili in Siria se non sarà accompagnata da ulteriori radicali trasformazioni del regime. Nonostante, infatti, questa sia la principale forma di limitazione delle libertà civili, che proibisce incontri pubblici tra i cittadini e consente l'arresto di chiunque sia sospettato di costituire una minaccia per la sicurezza dello stato, se questo provvedimento non sarà accompagnato da un cambio di politica reale e dall'introduzione di ulteriori leggi che limitino il potere delle forze di sicurezza e dei servizi segreti, vera fonte di terrore per i cittadini, da solo non basterà a placare il dissenso della popolazione.
Le ''vere'' riforme auspicate dagli attivisti per i diritti umani e la democrazia prevedono, oltre all'abolizione dello stato di emergenza, la liberazione di tutti i prigionieri politici incarcerati proprio in virtù di questa legge speciale e la cancellazione delle attuali procedure giudiziarie che consentono l'applicazione della legge militare anche per processi civili. Nel frattempo, invece, il governo si prepara ad elaborare una nuova legge per la cosiddetta lotta contro il terrorismo, che potrebbe rivelarsi anche peggiore dello stato d'emergenza.
da altrenotizie.org http://www.altrenotizie.org/esteri/3980-siria-le-promesse-e-i-morti.html di Roberta Pasini


Il commento a caldo:
"Non temere tanto la morte; temi piuttosto lo squallore della vita."  Bertolt Brecht (1898-1956), commediografo tedesco.

Attualità...



venerdì 22 aprile 2011

Senza peli sulla lingua


L'imbroglio nucleare

All’immediato arrogante disprezzo di certi ministri – Prestigiacomo e Brunetta in particolare, che nell’angoscia suscitata dal disastro atomico giapponese hanno tacciato di “sciacallaggio” e “macabra polemica” il riemerso allarme per la legge del 2009 che autorizza nuove centrali nucleari in Italia –  si son degnamente appaiate le ridicolizzanti opinioni di certi filonuclearisti accaniti, in primis quel Chicco Testa già ecologista di Legambiente e ora presidente del Forum Nucleare Italiano, subito tesi a sviare lo sgomento della gente.
  Hanno infatti sostenuto costoro – all’immediato indomani del terremoto-tsunami giapponese con le prime migliaia di vittime sui video di tutto il mondo – che proprio di quei morti bisognava preoccuparsi! Altro che di quelli, ancora futuribili, dello scoppio atomico di Fukushima! Essendo irresponsabilmente strumentale, a loro irridente avviso, la preoccupazione per una fuga radioattiva di ancora limitata evidenza, mentre le stragi del mare dirompente fra le case erano ancora sui televisori e mentre divampavano ovunque le fiamme dei depositi di carburanti tradizionali, con le relative nubi venefiche ad annerire il cielo.
  Un imbroglio insomma, secondo costoro, l’eccitare la pubblica preoccupazione per il nucleare, quando i morti e le devastazioni sotto gli occhi erano dovuti a ben altri motivi.
  E certo che erano altri, i motivi! Motivi soprattutto legati ad eventi naturali come i terremoti e gli tsunami, eventi inevitabili e solo parzialmente rimediabili dall’intervento umano, in previsioni antecedenti ed in soccorsi successivi.
  Mentre le centrali nucleari che scoppiano e portano nel mondo lutti tremendi con le loro nubi radioattive non sono disastri naturali, né occorre per forza un disastro naturale per causarli. Li procura l’uomo, e sa di poterli procurare. Ne calcola al massimo i rischi, e al massimo appronta misure preventive di sperata protezione, oppure rimedi d’emergenza a disastro avvenuto.

E quei morti –  e ricordiamo la strage di Chernobyl in particolare – non li fa l’ineluttabile natura quando si dimostra più forte d’ogni volontà umana. Li fa l’opera dell’uomo, per imprudenza criminale o per cinismo di convenienza economica o per necessità energetica o per un qualunque altro motivo che non dipende dalla natura naturale.
  Dipende invece dalla natura umana, di quegli uomini che si giocano gl’immensi interessi del nucleare – anche e soprattutto economici, capaci di comprare e corrompere e imbrogliare in ogni direzione – sulla pelle di chi il loro sventurato calcolo potrà far morire di radioattività. Nelle atroci sofferenze di tumori non sopravvenuti come “naturali” cancri dell’organismo umano, ma provocati dal cancro degli umani interessi. 

Gli interessi peggiori, quelli che invocano le patrie per scatenare le guerre e che additano i morti dei disastri naturali per nascondere quelli dei disastri dell’umanità.

 La follia

Dai disastri atomici a quelli costituzionali. Nella “follia” – lucida però, se davvero venisse da un folle – che giorno dopo giorno sta scardinando i principi posti a fondamento della nostra repubblica democratica, le basi d’un regime parlamentare rappresentativo fondato sul reciproco bilanciamento e controllo dei tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.

L’ultimo colpo – dopo aver ridotto il parlamento a una corte di sudditi osannanti, in ciò già realizzando la primazia dell’esecutivo sul legislativio – il “folle“ l’ha dato alla giustizia. O meglio, ai magistrati. Che per quanti difetti e colpe possa avere il mondo giudiziario in Italia, con la sua burocrazia asfissiante, le sue elefantiache lentezze e i suoi privilegi di casta – di tutto avrebbe avuto bisogno tranne che della sottomissione dell’attività inquirente ai voleri e poteri del governo.
  Quando un pubblico ministero – che è magistrato inquirente – finisce in pratica, come lo si vuol far finire, sotto l’indirizzo d’un’accusa non più obbligatoria ma con priorità compilate da una legge appositamente fatta da un parlamento già in mano all’esecutivo, ecco che chi governa ha in mano anche i tribunali. Che per quanto possano restare indipendenti i magistrati giudicanti, da giudicare avranno soltanto ciò che possa mandare in galera i soliti che ci son sempre andati.
  Ve lo ricordate il famoso piano di rinascita democratica del capo piduista Gelli? Ecco, non è più solo un piano. E non era solo follia.

Mario Cardinali

Il commento a caldo:
"Si nasce tutti pazzi. Alcuni lo restano."  Samuel Beckett, (1906-1989), autore drammatico e romanziere irlandese.

SATIRA CRUDA

Molti parlamentari italiani dovrebbero dedicarsi a lavori onesti, come questo...

giovedì 14 aprile 2011

"Governare gli italiani è inutile!"

Quando nel 1932 il giornalista tedesco Emilio Ludwig, dopo sei mesi di permanenza in Italia per scrivere un libro sull’Italia e sugli italiani, andò ad intervistare Mussolini, gli chiese: "Ma deve essere ben difficile governare gente cosi’ individualista ed anarchica come gli italiani!", Mussolini rispose: "Difficile" Ma per nulla. 
E’ semplicemente inutile!" 


da "Colloqui con Mussolini" di Emilio Ludwig.


Il commento a caldo:
Per una volta siamo d'accordo con lui.

la leyenda del espantapajaros (la leggenda dello spaventapasseri)

mercoledì 13 aprile 2011

Menti banali

L'enel, proprietaria dell'acqua in Patagonia

"Libera Espressione"

http://www.youtube.com/user/Nostressilvio3

Vite che non possiamo permetterci

Zygmunt Bauman, uno dei più noti ed influenti pensatori dell'età contemporanea, autore della folgorante definizione della modernità liquida di cui è uno dei più acuti osservatori, il 16 marzo scorso è tornato in libreria con Vite che non possiamo permetterci, libro conversazione con Citlali Rovirosa-Madrazo; nato a Poznam nel 1925 da famiglia ebrea, ricopre ancora attualmente il ruolo di professore emerito di Sociologia presso l'Università di Leeds e l'Università di Varsavia; nel panorama sociologico rappresenta un unicum difficilmente inquadrabile per l' approccio pragmatico evidenziato nei suoi saggi, tra i quali ricordiamo: L'Europa è un'avventura, Dentro la globalizzazione.


Le conseguenze sulle persone, Vite di scarto, Modernità liquida, La società sotto assedio, Amore liquido -- Sulla fragilità dei legami affettivi, Consumo dunque sono.





Il commento a caldo:
"Fino a che non sapremo rincorrere i nostri sogni fino alla fine, non potremo definirci completamente liberi." 

Fukushima: è catastrofe

L'incidente è stato classificato al livello 7.

Gli scienziati del centro studi indipendente dell'Institute for science and international security (Isis) di Washington lo avevano previsto da subito, che il disastro nucleare di Fukushima Daiichi avrebbe toccato il livello 7 di pericolosità, come Chernobyl.
Nella scala Ines, il grado massimo coincide con le «ingenti quantità di materiale radioattivo, rilasciate da un impianto di grandi dimensioni, in un un'area molto vasta e con effetti acuti sulla salute della popolazione esposta e sull'ambiente, possibilmente anche in altri Stati».

Le previsioni apocalittiche

La fuga più massiccia di materiale radioattivo dai tempi di Chernobyl sarà molto più preoccupante di quella verificatasi a Three Mile Island, in Pennsylvania, nel 1979, il terzo incidente più grave nella storia delle centrali nucleari.
E anche se, rispetto alla tragedia ucraina del 1986 dovuta alle esplosioni rapide e violente del reattore, l'impatto sull'esterno delle emissioni lente di Fukushima è sembrato minore, le radiazioni rilasciate nel tempo sono comunque altissime.
CONTAMINAZIONE INARRESTABILE. Il 12 aprile, l'Agenzia giapponese per la sicurezza nucleare lo ha ammesso. Mentre Tepco, la società che gestisce l'impianto, dopo un mese di cautele, reticenze ed errori di rilevazioni, per arginare gli allarmismi ha continuato a precisare che le conseguenze di Chernobyl non sono ancora paragonabili a quelle di Fukushima. Secondo l'azienda, le emissioni tossiche sono «appena il 10%» di quelle dell'impianto ucraino.
Il problema è che, anche prendendo per buona la dichiarazione, a Fukushima le radiazioni sono crescenti e inarrestabili. E, diversamente da Chernobyl e in misura molto maggiore di Three Mile Island, oltre che l'aria e il suolo, stanno contaminando l'Oceano Pacifico.

La scala Ines e il grande tasso di emissioni del livello 7


La classificazione Ines (International nuclear event scale) si basa appunto sulla crescente quantità di radiazioni tossiche: di conseguenza, il grado di gravità assegnato a Fukushima stride con il dato sulle emissioni comunicato dalla Tepco.
Nella scala internazionale, un disastro nucleare di livello 7, che indica la catastrofe, implica la fuga di una forte quantità di materiale radioattivo nell'ambiente. Una fuoriuscita che per Chernobyl  e Fukushima ha avuto tempistiche diverse, ma è stata ugualmente massiccia.
DAL GRADO 6 AL 5. Il livello 6 indica un incidente grave con significativo rilascio di emissioni che deve essere bloccato attraverso un piano programmato di contromisure. Mentre il livello 5 equivale a un incidente con una limitata fuoriuscita di radioattività, tale tuttavia da provocare ampie ripercussioni sul territorio. Dopo il quale, senza le dovute precauzioni, la popolazione è significativamente esposta ai rischi.
DAL LIVELLO 4 ALL'1. I livelli inferiori della scala Ines indicano, al quarto grado, guasti nucleari con conseguenze locali che, a parte il controllo degli alimenti, non comportano altre contromisure. Di terzo grado, invece, sono i danni, anche gravi, che contaminano però aree non abitate.
Il livello 2 e il livello 1, infine, riguardano soprattutto gli effetti sui dipendenti degli impianti coinvolti. Il primo caso indica un guasto nel quale i tecnici sono esposti a radiazioni maggiori del limite annuo stabilito per legge, ma senza subire altre conseguenze. Il secondo, invece, quantifica un'anomalia nel funzionamento della centrale, che provoca una sovraesposizione minima a radiazioni, ma senza alcuna ripercussione.

Chernobyl, Fukushima e Three Mile Island: radiazioni ed effetti

Nel 2005, a quasi 20 anni dal disastro di Chernobyl, un'equipe di scienziati Onu aveva stimato 4 mila morti presunte nell'arco di 80 anni, e 65 vittime accertate per le emissioni radioattive nell'ambiente.
IL RAPPORTO ONU SUI BAMBINI. Nel 2011, a 25 anni dalla tragedia, un altro rapporto delle Nazioni Unite ha calcolato circa 6 mila casi di cancro alla tiroide nei bambini esposti al fallout, la ricaduta di particelle tossiche.
Anche nel caso di Three Mile Island, nonostante gli studi ufficiali non abbiano accertato né morti né malattie dovuti alle radiazioni emesse nei cinque giorni che furono impiegati a bloccare le perdite, una ricerca dell'Università della North Carolina ha registrato un significativo aumento di tumori e leucemie infantili nella popolazione esposta.
LA DENUNCIA DI GREENPEACE. Greenpeace, che ha tacciato di inesattezze e approssimazione il rapporto Onu su Chernobyl, ha invece stimato 200 mila decessi e previsto 6 milioni di morti negli 80 anni dal disastro.
Per l'organizzazione non governativa, paragonare Fukushima alla catastrofe nucleare dell'ex Urss era già scontato da settimane.

TRE VOLTE CHERNOBYL. In contrasto con i dati rassicuranti forniti dalla Tepco, secondo uno studio commissionato da Greenpeace Germania all'esperto di sicurezza atomica Helmut Hirsch, che per le sue valutazioni è si basato sui dati dell'Agenzia governativa francese per la protezione da radiazioni (Irsn) e dell'Istituto centrale di meteorologia austriaco (Zamg), «la quantità totale di radionuclidi di iodio 131 e cesio 137 rilasciata a Fukushima tra l'11 e il 13 marzo 2011», equivaleva già «al triplo del valore minimo per classificare un incidente di livello 7».
Analogie e differenze dei tre incidenti più gravi della storia
Considerato il dibattito in corso sull'energia atomica, è indicativo riscontrare che, tutti e tre i casi di incidenti più gravi registrati in passato sono stati innescati da problemi del sistema di refrigerazione degli impianti.
Un punto debole delle centrali nucleari è, infatti, il basso tasso di conversione del calore in elettricità: il 30%, in confronto, per esempio, al 54% di un impianto a gas metano.

IL NEO DEL SURRISCALDAMENTO. La maggior parte del calore generato durante la fissione non viene dunque impiegato per produrre energia, ma deve essere smaltito per evitare il surriscaldamento del nucleo e la sua fusione, anche parziale, come nel caso dei reattori di Fukushima.
Ogni giorno, gli impianti devono pompare milioni di metri cubi di acqua, sia per raffreddare i reattori, sia per generare vapore per le turbine: le condutture, che nella centrale nipponica portano al mare, sono tra l'altro state un ulteriore vettore per la contaminazione dell'Oceano.
CHERNOBYL, L'INCENDIO DI GRAFITE. Sia nei reattori di Three Mile Island sia di Fukushima, che usavano come combustibile l'uranio arricchito, l'acqua è utilizzata anche come moderatore per la fissione.
Chernobyl, che al contrario funzionava con l'uranio naturale, aveva come moderatore la grafite: il conduttore che, incendiandosi, provocò la fusione totale del nucleo, accelerando le esplosioni a catena del reattore, le quali poi scoperchiarono il contenitore. Le radiazioni si propagarono rapidamente, a causa del vento.
L'ACQUA RADIOATTIVA. Rispetto a quello della centrale americana, il disastro ambientale del Giappone è più grave perché nei suoi reattori, di tipo Bwr, l'acqua bollente si trovava a diretto contatto con il combustibile.
Quelli di Three Mile Island, invece, erano, già all'epoca, ad acqua pressurizzata (Pwr), ossia composti da un doppio circuito idrico separato, solo il primo a contatto diretto con il nucleo.
La differenza è che, a Fukushima, i reattori avevano un funzionamento più semplice, ma hanno contaminato grandi quantità di acqua.
Il commento a caldo:
"Vivete per nel presente, sognate per l'avvenire, imparate dal passato."

Silvio Hard-Core

1- DUE 18ENNI SVELANO UNA NOTTE DI BUNGA BUNGA NELLA VILLA DEL CAVALIER POMPETTA
2- "DOPO L´ENNESIMA BARZELLETTA, B. FA PORTARE UNA STATUETTA CON UN OMINO CON UN PENE GROSSO. E LA FA GIRARE TRA LE RAGAZZE. E CHIEDE LORO DI BACIARNE IL PENE"
3- "LE RAGAZZE, VISIBILMENTE ALLEGRE, COMINCIANO AD AVVICINARSI AL PRESIDENTE, SI FANNO BACIARE I SENI, LO TOCCANO. LO STESSO FANNO CON EMILIO FEDE. IL PRESIDENTE, CHIEDE: "SIETE PRONTE PER IL BUNGA BUNGA?". LE RAGAZZE IN CORO URLANO: "SIII"
4- NICOLE MINETTI SI ESIBISCE IN UNO SPETTACOLO DI LAP-DANCE. INDOSSA UNO DI QUEI VESTITI CHE SI TOLGONO A STRAPPO. RIMANE COMPLETAMENTE NUDA BALLANDO AL PALO, SENZA REGGISENO E MUTANDINE. DOPO ESSERSI DENUDATA, SI AVVICINA A BERLUSCONI E BALLANDO IN MANIERA PROVOCANTE AVVICINA IL SEDERE AL VISO DEL PRESIDENTE. GIRANDOSI GLI AVVICINA I SENI ALLA BOCCA, IL PRESIDENTE LE BACIA I SENI"

dagospia.com  http://www.dagospia.com/


Il commento a caldo:
"Pochi amano sentir parlare dei peccati che amano compiere."  
William Shakespeare (1564-1616), poeta e drammaturgo inglese.

SATIRA CRUDA

TESTIMONIANZA SHOCK!

UNA RAGAZZA HA MESSO A VERBALE CHE LEI, QUANDO HA CAPITO IL BUNGA BUNGA, HA TENTATO DI SOTTRARSI: "BERLUSCONI HA INSISTITO, IO NON VOLEVO, HO CERCATO DI RESPINGERLO. GLI HO DETTO DI NO, MA NON CE L´HO FATTA, E SONO STATA COSTRETTA A SUBIRE QUALCHE COSA CHE NON AVREI VOLUTO FARE"...

Il commento a caldo:
“L’intelletto è sempre ingannato dal cuore.”                                                                                                                                                                                   


Francois de La Rochefoucauld

martedì 12 aprile 2011

RUBRICA: "ah non ti va?"

Questo si che è un politico giovane!

Le videoricette di Elio e le Storie Tese

I dodici denari della BP


Nel corso dei tre mesi che si sono rivelati necessari a sigillarlo, il pozzo Deepwater Horizon ha disperso nel Golfo del Messico poco meno di 5 milioni di barili di petrolio: l’incidente, come noto, ha provocato undici morti e un disastro ambientale persino più grave di quello prodotto dalla Exxon Valdez. Come è stato riconosciuto da una specifica commissione presidenziale americana, a provocare la catastrofe non è stato un ghiribizzo crudele della natura, ma gli errori commessi da tutti gli attori in gioco.
Le evidenze fornite in proposito da Fred Bartlit, capo legale della commissione, sono impressionanti: la British Petroleum non ritenne di prendere alcuna contromisura, pur essendo al corrente dei problemi relativi al tipo di cemento che la Halliburton continuava ad usare da tre anni per sigillare; i suoi manager si rifiutarono di dotare la struttura di un dispositivo di sicurezza che sarebbe costato due milioni di dollari e che avrebbe potuto evitare lo scempio.
Scelta demenziale, anche a valutarla solo dal punto di vista economico, visto che un piccolo investimento di due milioni avrebbe forse evitato alla società costi futuri attualmente stimati in 41 miliardi di dollari (tanto valgono infatti gli accantonamenti relativi a bilancio).
Il documento cita in particolare nove scelte del management (sulle quali tutte c’e stato un pieno coinvolgimento della BP) basate su un disinvolto baratto tra il tempo ed il denaro risparmiato dalle singole aziende ed un aumento significativo del rischio di incidenti, ambientali e non. Secondo la commissione voluta da Obama, da un lato l’incidente “non si sarebbe verificato se le tre società interessate (BP, Halliburton e Transocean) fossero state guidate da un principio indefettibile di “sicurezza prima di tutto”; dall’altro non vanno minimizzate le responsabilità dei regolatori, che avrebbero dovuto mostrare “di pretendere i massimi livelli di sicurezza possibili”. Ma i veri problemi, per la commissione, sono stati soprattutto l’incapacità e l’atteggiamento superficiale del management.
Per questa ragione è particolarmente deprimente lo spettacolo degli altri dirigenti della BP (inclusi i due trombati dopo il caso Deepwater Horizon) che ricevono bonus faraonici per il loro “ottimo” lavoro: sotto la lente, in particolare, i cospicui pacchetti azionari che potrebbero essere assegnati a Tony Hayward e ad Andy Inglis, rispettivamente ex Amministratore Delegato ed ex capo della divisione Esplorazione e Produzione, le cui teste sono cadute subito dopo il disastro.
Una liquidazione in titoli della società, di importo pari a 9 e 6 milioni circa di equivalente euro, rispettivamente. Inoltre, l’associazione degli Assicuratori Britannici (ABI), ha stigmatizzato in un apposito rapporto il fatto che tanto il direttore finanziario (Byron Grote) che il direttore del servizio Raffinazione (Iain Conn) abbiano ricevuto bonus pari a circa 115 mila euro ciascuno.
La BP risponde alle critiche con imbarazzanti sofismi, ad esempio sottolineando come ad Hayward ed Inglis non siano stati pagati benefici in contanti, ma in azioni, o spiegando che, nel caso di Grote e Conn, i soldi erano dovuti in quanto i due hanno raggiunto gli risultati obiettivo previsti per l’anno. Ma non convince.
Ed è interessante notare che a protestare questa volta non siano i guastafeste scettici sulle virtù salvifiche del capitalismo altamente finanziarizzato, i soliti no global per intenderci, ma interlocutori ben più compassati e soprattutto adusi a solcare con le loro fiammanti Church le moquette pregiate dei corridoi delle banche d’affari. Ad esempio la PIRC, società di consulenza specializzata in questioni di corporate governance, ha definito “eccessivi” i bonus e le retribuzioni dei due, consigliando agli azionisti di non approvare quella parte del bilancio di esercizio di BP in cui si stabiliscono gli emolumenti degli alti dirigenti.
Di tenore diverso ed argomentate in modo più completo, invece, le istanze di un gruppo di azionisti che rappresenta complessivamente 12 miliardi di dollari (8,5 miliardi di euro) di massa investita e circa un milione di azioni della BP. Questa piccola “coalizione dei volenterosi” è capitanata dalla Christian Brothers Investment Services (CBIS), una realtà imprenditoriale che mette assieme Dio e Mammona, visto che investe per conto di istituzioni cattoliche sparse in tutto il mondo.
Quelli della CBIS non solo sono giustamente indignati del trattamento riservato alle persone coinvolte nel disastro del Golfo del Messico, ma intendono fare domande precise, e scomode, all’assemblea fissata il 14 aprile per approvare il bilancio.
Come dice al Wall Street Journal Julie Tanner, vice direttore del dipartimento responsabilità sociale dei Christian Broters “gli azionisti hanno bisogno di informazioni più dettagliate per capire in che modo la funzione sicurezza e gestione rischi della BP è stata rafforzata e quali controlli il Consiglio di Amministrazione abbia messo in atto per sorvegliare il processo”.
Insomma, l’assemblea della settimana ventura potrebbe rivelarsi più movimentata ed interessante del solito; nel frattempo non occorre essere troppo maliziosi per domandarsi se la massa di denaro con la quale sono stati affogati i due ex boss uscenti della BP non possa provocar loro qualche utile amnesia, caso mai dovessero essere interpellati in futuro dai media.
Il commento a caldo:
"Il potere tende a corrompere, ed il potere assoluto corrompe di là da ogni redenzione. I grandi uomini sono quasi sempre uomini malvagi."  John Acton (1834-1902), storico inglese.

Introduzione alla Permacultura